Un anniversario da ricordare…

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Giovanni Papini, in una foto del 1913

Oggi è il 10 agosto, ricordiamo Giuseppe Vannicola nel giorno della sua scomparsa da questo mondo con una introduzione di Giovanni Papini, uno dei pochi amici che gli volle bene, fino all’ultimo. E anche dopo. Una “non dedica”, perché Gianfalco non era un uomo da fare dediche; a nessuno…

 Capri, 10 Agosto 2018

La redazione

 

LA VITA DI NESSUNO

di Giovanni Papini

Vallecchi, Firenze, edizione 1912-1918

Caro Vannicola,

non ho nessuna voglia di dedicarti questo librino niente affatto «eccezionale ». Non ho mai dedicato i miei libri a nessuno e non voglio de­dicare a nessuno i libri prossimi e futuri che usciranno dal capo mio. Tu sai benissimo che l’educazione non è il mio forte e che la garbatezza non è precisamente la mia cavalla di battaglia. Tu lo sai magnificamente. Se tu non lo sapessi tutti te lo direbbero. Io odio i capolavori di Giovanni della Casa quanto — se non più — le mie prigioni di quel Silvio che infradiciò i nostro occhi di bambinetti elementari.

Io non voglio dar nulla a nessuno. Non voglio consacrare o donare qualunque sia cosa a qualunque sia uomo. Sono l’animale non religioso per eccellenza ; sono l’ateo di cento teologie — della teologia mon­dana, socialista, umanitaria, aristocratica ; della teologia degli uomini seri, onesti, laboriosi, patriotti, civici e disciplinati e di ogni catechismo.

Con tali connotati tu capisci che non son uomo da far dediche a nessuno.

E non voglio farne. E non farò neppur questa.

Ma c’ è un ma. C è che tu hai dedicato a me un librino simile a questo — simile, dico, nella carta, nei caratteri, nelle dimensioni, nella copertina — ed io dovrei dedicarne uno a te. No, caro Vannicola. Scu­sami e perdonami col tuo generoso cuore di bene­dettino alcoolista, ma ciò non è possibile : è troppo al disopra della mia forza, che pure è grande. Io non posso infrangere per nessuno — neppure per te — una promessa fatta solennemente a me stesso. Se l’avessi fatta soltanto agli altri….

Tu sai quanto il cinico sottoscritto ti vuol bene, e non da ora, ma da parecchi anni, da quando tu, an­cor fresco delle glorie milanesi di Pierrot, venisti a Firenze come un pellegrino amoroso del Cavalcanti e nascondesti vicino al Poggio Imperiale il doppio mi­stero del tuo amore e della tua anima. Io ricordo sem­pre con eguale voracità la lettura del De profundis e il vino vecchio della tua tavola ; il tuo appassionato violino e l’odoroso the coi dolciumi di Giacosa. Tu che sei uomo di spirito e di fede e perciò pronto a trovare Iddio nella cattedrale e nella bettola in Bee­thoven e nella birra chiara, non ti arrabbierai di certo per questi accoppiamenti. Tanto più che in cima ai miei ricordi, proprio nel mezzo più luminoso delle mie memorie, te solo mi appari, te solo col romantico violino appoggiato al tuo collo. Non ho mai visto in vita mia una trasfigurazione cosi completa e improvvisa d’un uomo. Non ho mai visto un volto così acceso, così assorto, così divinamente amoroso e do­loroso come il tuo, mentre l’arco tenuto dalla tua mano di signore strappava alle corde e al legno quei sentimentali gemiti d’inutile nostalgia e d’inappagabile desiderio che mi commuovono anche oggi, al solo ricordo.

Caro Vannicola, io non sono nè una donna nè un pederasta e puoi accettare senza rossore le mie parole : in quei momenti tu eri bellissimo. Tutto perso e in­fiammato sotto il rosseggiare della fiamma elettrica ; tutto sperduto e rapito in quei singulti che sembravano uscire da un petto di carne e non da una cassa di le­gno ; cogli occhi socchiusi e le mani irrequiete, solo, divinamente solo in mezzo a noi tutti, in mezzo al silenzio di noi tutti, tu eri, ti assicuro, bellissimo. Non foss’altro che per quelle ore invernali di Via Monte-bello dovrei tessere intorno alla tua canizie giovanile una corona di gratitudine.

E invece…. E invece preferisco sembrarti ingrato e sconoscente e non ti dedico questo libro. E ti prego, anzi, di non considerare questa lettera come una de­dica travestita.

Io voglio che nei miei libri non vi sia altro nome e cognome che quello di

Giovanni Papini.

 

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